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Torna anche quest’anno, l’appuntamento di microbo.net con la giornata della memoria, il 27 gennaio. Per questa occasione abbiamo chiesto a tutti gli artisti che gravitano attorno a microbo.net e a tutti coloro i quali desiderassero farlo, di raccontarci, attraverso ArtCafé, il proprio punto di vista su questo tema che ci piacerebbe non fosse più di scottante attualità e che invece purtroppo, ogni anno che passa, sembra sempre ricordarci che non siamo in grado di imparare dalla storia.
Ogni artista propone in immagini, in video o attraverso un proprio testo in prosa o poetico, il proprio modo di vedere e pensare a questa giornata. Anche nel 2016 la ricorrenza assume un peso specifico enorme, che a microbo.net non vogliamo ignorare: nel momento in cui commemoriamo ciò che di peggio ha fatto l’uomo ad altro uomo, esplorando i propri abissi 75 anni fa, in quello stesso momento, non possiamo fingere di non vedere i medesimi schemi mentali deviati, la medesima disumanità, la stessa ferocia negli occhi di tanti uomini a noi contemporanei. L’anno appena trascorso ha visto una vera e propria recrudescenza di fenomeni che speravamo di non vedere mai più: presunti suprematismi legati a credo religioso, razza, credo politico, o alla semplice sfortuna di essere nati dalla parte di mondo sbagliata. Popoli divisi da vergognosi muri, che speravamo di non dover rivedere, incapacità di osservare l’orrore che abbiamo commesso nella speranza di non ricadere negli stessi errori, uomini che cadono nella trappola della “banalità del male” e che eseguono senza batter ciglio ordini che vanno contro la fratellanza che dovrebbe legarci, prima e in maniera più forte di tutte le differenze. Invece ciò che sembra ovvio diviene assurdo, così da rendere la giornata della memoria non più un monito passivo che ci sussurra: “scruta nelle tue profondità, vergognatene e non ripeterle”, ma un attivo grido di allerta: “uomo, stai tornando sui tuoi passi peggiori!”.
Oggi la giornata della memoria è più che mai plurale, deve essere declinata in tante giornate della memoria quante sono le atrocità senza senso che gli uomini compiono su altri uomini, chiunque essi siano, qualsiasi sia il colore della loro pelle, il loro credo religioso, la loro visione del mondo. L’arte non ha forse soluzioni ma ha sicuramente un grande potere: quello di farci riflettere, a volte quasi senza che ce ne rendiamo conto, parlando alla nostra natura più profonda, mostrandoci ciò che siamo, entrandoci sottopelle, emozionandoci. Forse varrebbe la pena di avere il coraggio di ascoltare di più il suo messaggio, anche per non dimenticare, anche per non ripetere, anche per non far tornare gli incubi che abbiamo già vissuto.
Anna Epis e Aldo Torrebruno
Artisti e scrittori
Antonella Agnello, Marialuisa Angeletti, Anna Argentino, Andreina Argiolas, Antonella Aversa, Giovanni Bartolozzi, Carolina Benedetti, Maria Berenato, Luisa Bergamini, Stefano Boschetti, Andrea Buffa, Mirta Caccaro, Luisa Caeroni Lyuza, Silvia Caiti, Grazia Calabrò, Lucilla Campioni, Teresa Campioni, Claudio Capotondi, Alfonso Caputo, Lamberto Caravita, Giovanna Caricato, Anna Caser, Paolo Chirco, Rosangela Conceição, Vincenza Conte, MaVrY Corradin, Carmela Corsitto, Laura Cristin, Maria Elena Danelli e Gaetano Blaiotta, Giovanna Del Magno, Daniela Dente, Tiziana Di Bartolomeo, Massimo Falsaci, Armando Felpati, Luigi Maria Feriozzi, Alessandra Fumagalli, Laura Gaddi, Vincenzo Gramegna, Giuseppina Gravina, Marianna Ielapi, Rosy Imbrogno, Milena Ingrascì, Izabella Teresa Kostka, Emanuela La Torre, Francesco Lasalandra, Alfonso Lentini, Serena Leo, Luigi Lerna, Adrian Lis, Maya Lòpez Muro, Caterina Luciano, Ippolita Luzzo, Nadia Magnabosco, Bruno Mancini, Calogero Marrali, Michele Marrocu, Italo Medda, Claudia Medici, Franco Meloni, Assunta Mollo, Agnese Monaco, Daria Morelli, Patrizia Nicolini, Paolo Ollano, Tommaso Panzeri, Claudio Parentela, Maria Pia Perrella, Stefania Piccioni, Giuseppina Pieragostini, Guido Pierandrei, Luciano Porta, Eleonora Pullano, Edi Sanna, Sergio Sansevrino, Donatella Sarchini, Roberto Scala, Vittorio Sedini, Domenico Severino, Serena Tani, Mariacarla Taroni, Giuseppe Luca Torraco, Elda Torres, Roberta Toscano, Matteo Turina, Ivana Urso, Chiara Vallarino, Martina Verdelli, Rolando Zucchini.
Curatela
Anna Epis
Aldo Torrebruno
Giuria
Emanuela Caputo
Barbara Di Santo
Anna Epis
Antonia Guglielmo
Benedetta Marsigli
Piergiorgio Pardo
Aldo Torrebruno
Vincitori
Tommaso Panzeri
Rolando Zucchini
Segnalati
Adrian Lis
Alfonso Caputo
Izabella Teresa Kostka
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Tommaso Panzeri
Les Idees fixes, 2016
Studio for a large canvas ‘Les idees fixes’, 2015
Tutto il mio lavoro trova nella memoria l’elemento fondante da cui parte ogni percorso.
Memoria del tempo, del segno, della luce, dell’uomo.
Memoria non solo per non dimenticare ma per riscoprire.
Memoria per non ripetere.
Memoria.
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Rolando Zucchini
Da: “Il Regolo incantatore” A&B Editrice 2011
In memoria del partigiano Adelmo Camisi
Accompagnati da una squadra di fascisti, i tedeschi arrivarono all’alba con tre camionette e un camion con il cassone coperto da un telone mimetico. Puntarono in alto i moschetti automatici MP3008 e le pistole mitragliatrici Shmeisser MP38. Si sparsero veloci come topi in tutti i vicoli del paese. Aprirono le porte delle case sfondandole a calci e con il retro dei fucili Gewehr. Io stavo sveglio quando li sentii arrivare. Tentai di saltare al di là del muro per scappare tra gli ulivi, ma il mio ginocchio non me lo permise, e ricaddi nell’aia in mezzo alle galline. Mi presero, mi legarono le mani dietro la schiena e, spingendomi, strattonandomi, mi condussero giù in piazza. Donne e bambini stavano stipati davanti al lavatoio e alla fontana, mentre gli uomini erano radunati sul ballatoio dell’ingresso della chiesa e sotto al campanile, proprio là dov’è affissa la lapide in ricordo dei caduti della prima guerra mondiale. Effettuarono il vaglio parlando la loro lingua tagliente e sconosciuta. Uno di loro mi si stagliò dinanzi.
«Ebreo?» chiese al fascista che gli stava accanto, vestito di nero e con il fez in testa. Quello rispose scrollando le spalle.
«Io non sono ebreo» gridai, pur se, consapevolmente, non ero certo delle mie origini. Cercai di fargli notare il mio ginocchio storto tirando i pantaloni in su. Volevo fargli intendere che ero zoppo. Ma lui mi batté un colpo secco sullo stinco con la canna del fucile che teneva in mano.
Ci fecero salire sul camion e partimmo non sapendo il dove, non sapendo il quanto, non sapendo se saremmo ritornati a vedere il sole dalle nostri parti.
Nel campo di lavoro di Dachau ho visto cose che voi che leggerete queste memorie non potete neanche immaginare. Ho visto corpi spremuti di ogni energia vitale alzare pesanti mazze e farle ricadere esclusivamente per la gravità. Li ho visti stramazzare a terra inermi, privi di una briciola di volontà, di un minimo barlume di coscienza; e trascinati, con il respiro della vita ancora nella gola, a perdere l’anima nei mucchi accatastati. Quando il fetore diventava insopportabile, su quei miseri resti in decomposizione, spruzzavano schizzi di antiparassitari e deodoranti. Ho visto persone diventare scheletri, e ho visto scheletri spinti dalle ruspe nelle fosse, legati con il filo spinato e tirati con le corde dalle jeep. Ho visto teste staccarsi dal busto e rotolare nella polvere con gli occhi dilatati. In quel campo di lavoro circondato dalle vigne nella pianura bavarese di Dachau si è consumato uno dei crimini più orrendi dell’intera storia dell’umanità. L’uomo, artefice ed esecutore di un progetto ignobile, ha calpestato ogni residuo di umana dignità.
Nel campo di lavoro di Dachau ho visto cose che non potrò mai dimenticare.
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