Il segno, il filo conduttore, il rapporto tra sé, la pagina e lo spazio sono le caratteristiche di questa wunderkammern per il ciclo MYSELF. Si tratta di racconti del proprio io realizzati attraverso la costante del filo e del foro: alcuni artisti si sono rappresentati come se fossero una sottile linea da seguire, alla ricerca della comprensione del proprio essere più profondo, altri attraverso la foratura della pagina, quasi a significare materialmente il rapporto tra spazi pieni e vuoti che evidentemente li rappresenta.
Adriana Ghiraldo crea un doppio intreccio: da un lato tramite la busta, fatta di nodi intrecciati, chiusa da una spirale, uno dei simboli più potenti che conosciamo, dall’altro tramite i pezzi di osso lavorati: ingentiliti dai ricami, ma al contempo bucati e rimessi assieme dai fili dimetallo. Materiali, segni, buchi e fili, tutto in questa opera racconta di un modo di essere complesso, unitario ma al contempo frammentato, diviso ma tenuto assieme.
Questa complessità che rifugge dalle definizioni banali e tranchant, manichee nelle forme e nel principio del tertium non datur si percepisce con forza nell’opera di Ileana Patacca. In questo caso tutti i materiali e le forme stanno a significare la strutturale insufficienza delle definizioni binarie di uomo e donna: l’opera parla infatti della prigionia della propria identità sessuale in un corpo che non viene riconosciuto come proprio, che crea lacerazione proprio mentre con-tiene. L’artista afferma così, attraverso un’opera complessa, il desiderio di uscire allo scoperto, di affermarsi completamente.
La complessità, che però riesce a trovare un equilibrio tra le parti, caratterizza anche l’opera di Agata Ivana Sorgi. I colori si affiancano armoniosamente, sfumando l’uno nell’altro, un filo conduttore che rappresenta l’io profondo dell’artista, un insieme che ci parla di pacata serenità: ritroviamo in questo lavoro le tracce del poeta che si cela in ognuno di noi, capace di comporre il proprio sé in unità.
Questa capacità unificante dell’io emerge anche nell’opera di Bernhard Zilling, il quale utilizza la tecnica del collage per accostare materiali, simboli, colori molto differenti l’uno dall’altro, con diversi livelli di metafora: dal segno all’icona fino al testo scritto in più lingue, metafora di secondo livello. Anche in questo caso l’artista pare voler evidenziare come l’io sia in grado di riunificare le proprie parti, anche quando queste appaiono estremamente variegate.
Più pessimista appare infine l’opera di Mauro Pinotti, che propone delle unità abitative che sembrano rappresentare una civiltà giunta alla propria fine: apparentemente poggia su solide e inscalfibili basi, ma in realtà si rivela logora, ad un paso dal disfacimento, perché il materiale di cui è fatta non sopporta più l’attacco del tempo e delle impurità: un messaggio tragico, che l’artista riesce a comunicarci attraverso la metafora dell’agglomerato urbano – solitamente da noi percepito come una delle più grandi vittorie dello stato di cultura su quello di natura, ma in realtà fatalmente destinato a scomparire.
Aldo Torrebruno
Vernice | Lunedì 11.03.2019 h 18
MYSELF Wunderkammern effimere 2019
Curatela | Anna Epis e Aldo Torrebruno
Presentazione | Aldo Torrebruno
Allestimento | Anna Epis e Lorenzo Argentino
Partners | microbo.net | Circuiti Dinamici Milano