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Andrea Gorla

ARTISTA DEL GIORNO | 20.01.2023

<< Visioni oniriche del movimento al buio.

Sono le foto del giovane artista siciliano che sceglie di non essere conosciuto se non per le sue opere. Le firma Vulkan, uno pseudonimo a cui tiene molto. Un’esperienza sensuale e cognitiva, che diventa percorso anche per chi guarda, un’esperienza intensa e coinvolgente, a tratti cauta ma sempre curiosa esplorazione, mistica marcia nel cuore della notte, che può diventare fuga affannosa nel buio. E se si sposa la teoria di David Le Breton, secondo il quale ‘camminare consente di percepire la realtà con tutti i sensi, di farne pienamente esperienza lasciando all’uomo l’iniziativa’, in queste opere, il senso della vista, protagonista dell’arte della fotografia, sfida le regole e diventa anche ricerca di evocazione.

E’ infatti il buio il tema comune, il luogo di riscoperta di quella percezione perduta nel giorno, ma anche come condizione che disvela, che sottrae da quella tensione che esso stesso crea, in un alternarsi sincopato sempre produttivo.

Queste immagini, che soggettivizzano il quadro in modo estremo fino ad evocare il movimento incerto e smarrito della pupilla, le sue contrazioni, il suo periodico adattarsi ad ogni nuova condizione luminosa, portano dentro la scena lo spettatore.

Il silenzio di queste foto sintetizza la riflessione, ne diventa cassa di risonanza e apre nuove porte alla conoscenza e alla percezione del mondo e del sé, mentre lo spettatore si inoltra libero in territori nuovi dello spazio e della mente, privi del senso di gravità e dei vincoli dell’ovvio quotidiano. Quel silenzio dove il rumore della luce squarcia il nero e dà nuova vita alle superfici, che pur statiche, sono mosse dalla volontà del passo che incede.

E’ una solitudine compiaciuta quella di questo artista nel suo incedere nel buio.

Mentre si aggrappa a punti luminosi che nel muoversi diventano linee solide, guide, appigli, e scandiscono il passo curioso e rispettoso dell’osservatore, ma che allo stesso tempo assumono una leggerezza e una grazia che li muta in vera grafia.

E l’appiglio diviene salvifico nella fuga, quando il passo non è più contemplativo, ma si fa affannoso, spaventato. Qui la traccia luminosa memorizzata dalla macchina grazie a un sapiente gioco di diaframmi e tempi, scandisce questa corsa, questo affanno di chi corre perché fugge, aggrappandosi ad essa alla ricerca della salvezza sperata.

In entrambi i casi è il passo dell’uomo a battere il suo ritmo, perchè il percorso è sempre un percorso a piedi, sia esso languido e contemplativo, sia che diventi fuga affannosa. >>

Andrea Gorla

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TRITTICO

Il trittico è un formato affascinante, cui siamo avvezzi per molte ragioni: è dal medioevo infatti che trittici di varia natura e vari materiali ci osservano dalla storia dell’arte, e ci affascinano col loro offrirci punti di vista differenti, ma anche con il proprio avvolgerci, utilizzandoci come ideale chiusura dello spazio aperto che il trittico definisce. Al contempo abbiamo adattato la struttura tripartita anche ad altri utilizzi, più prosaici forse ma non meno importanti, quali ad esempio le specchiere per il trucco, in cui ancora una volta ci immergiamo per osservarci da ogni lato. Siamo così passati dallo spirituale all’estetico, ma in ogni caso indaghiamo, osservandole da più prospettive, le nostre anime e i nostri volti, in una sorta di approfondimento del sé che può essere interiore e esteriore.
Il trittico però può essere anche interpretato come una sequenza logica o temporale, non necessariamente sincrona, quindi indagine che non si svolge solo in estensione, ma anche in maniera verticale seguendo il filo del discorso o il succedersi cadenzato degli eventi.
Per questo ci sembra affascinante l’idea di chiedere ai nostri artisti di utilizzare questo formato: tre immagini che raccontino, in estensione o in profondità, sincronicamente o diacronicamente una storia, unite dal filo rosso del formato e dalla potenza del numero, che ha affascinato l’uomo sin dai tempi di Pitagora – che lo definiva il numero perfetto, sintesi di uno e due, chiusura della cosiddetta triade ermetica. 

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