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Antonella Gentile

ARTISTA DEL GIORNO | 18.01.2023

<< “Silenzio Innaturale 1,2,3 “.

Questi scatti fanno parte di una ricerca sull’etica dell’abbandono. Un‘esperienza che ogni volta mi lascia senza fiato, alla ricerca di storie che raccontano i luoghi. Una ricerca pervasa di silenzi innaturali, dove l’abbandono fa rumore. Ogni volta, una nuova scoperta, con il cuore in gola … E se ci fosse qualcosa di prezioso che qualcuno ha dimenticato, che faccio? E se ci fosse qualcuno che dimora lo stesso? E se ci fosse qualcosa di nascosto oltre il legale? Entro sempre senza respiro, come una ladra che deve rubare, ma stavolta per rubare uno scatto, tra la voglia di scoprire per raccontare, e la paura di ciò che non conosco nel quasi buio, con polvere e pezzi devastati da chi già è entrato prima di me, con il sentore del puzzo del chiuso ma anche con squarci provocati da crolli. Crolli dell’incuria, dell’abbandono. Di gente che è andata via per lo più dalla fame, e che avrà sempre il ricordo indelebile della propria terra, che sa di non poter vedere più, per una vita ed un destino ormai cambiato. Ovunque ci siano rovine o tesori abbandonati, mi fermo ad osservare. Ma per lo più, quando possibile, entro attratta come una calamita da ciò che il luogo può raccontare. E questi luoghi raccontano tanto, fanno rumore: libri strappati, suppellettili impolverate, mobili distrutti, macchinari mai utilizzati, statue religiose decapitate. Dalla tipologia di manufatto si capisce, se coloro che abitavano il luogo, costretti all’abbandono, ciascuno per motivi diversi, erano persone agiate, operai che hanno lasciato il sogno industriale, oppure, semplici contadini. Ma per quanto pericoloso possa essere, io torno sempre a rubare, perché questi luoghi hanno bisogno di parlare. Raccontano ciascuno una verità, anche nel mezzo di un borgo vivo. Solo qualcuno, per lo più straniero, ripristina e rimette a nuovo ciò che nessuno osa violare, per non disturbare quel Silenzio Innaturale, che comunque fa rumore più della gente che abita il luogo. Fotografie e testo di Antonella Gentile >>

Antonella Gentile

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TRITTICO

Il trittico è un formato affascinante, cui siamo avvezzi per molte ragioni: è dal medioevo infatti che trittici di varia natura e vari materiali ci osservano dalla storia dell’arte, e ci affascinano col loro offrirci punti di vista differenti, ma anche con il proprio avvolgerci, utilizzandoci come ideale chiusura dello spazio aperto che il trittico definisce. Al contempo abbiamo adattato la struttura tripartita anche ad altri utilizzi, più prosaici forse ma non meno importanti, quali ad esempio le specchiere per il trucco, in cui ancora una volta ci immergiamo per osservarci da ogni lato. Siamo così passati dallo spirituale all’estetico, ma in ogni caso indaghiamo, osservandole da più prospettive, le nostre anime e i nostri volti, in una sorta di approfondimento del sé che può essere interiore e esteriore.
Il trittico però può essere anche interpretato come una sequenza logica o temporale, non necessariamente sincrona, quindi indagine che non si svolge solo in estensione, ma anche in maniera verticale seguendo il filo del discorso o il succedersi cadenzato degli eventi.
Per questo ci sembra affascinante l’idea di chiedere ai nostri artisti di utilizzare questo formato: tre immagini che raccontino, in estensione o in profondità, sincronicamente o diacronicamente una storia, unite dal filo rosso del formato e dalla potenza del numero, che ha affascinato l’uomo sin dai tempi di Pitagora – che lo definiva il numero perfetto, sintesi di uno e due, chiusura della cosiddetta triade ermetica. 

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