ARTISTA DEL GIORNO | 21.01.2024
<< Quante volte pensiamo di avere la visione completa di ciò che stiamo guardando? Quante volte ci capita di pensare che il nostro punto di vista sia quello più reale? Spesso, nella vita di tutti i giorni, crediamo che i nostri occhi non ci ingannino mai e che ci mostrino la totalità nella sua interezza, che siano sinceri. Ci dimentichiamo che a prescindere dalla nostra capacità di guardare, soffriamo tutti di una qualche forma di cecità. Un po’ di capelli davanti al volto, un raggio di sole che ci copre la visuale, il buio della sera che rende i colori meno saturi. Ogni particolare che a volte ignoriamo inconsciamente influenza ciò che percepiamo. Cambiare punto di vista, provare a chiudere gli occhi per guardare intensamente attraverso gli occhi degli altri, riaprirli. E questo che ci permette di avere una visione più completa, più vicina alla realtà. >>
Tommaso Stefanori
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TRITTICO
Il trittico è un formato affascinante, cui siamo avvezzi per molte ragioni: è dal medioevo infatti che trittici di varia natura e vari materiali ci osservano dalla storia dell’arte, e ci affascinano col loro offrirci punti di vista differenti, ma anche con il proprio avvolgerci, utilizzandoci come ideale chiusura dello spazio aperto che il trittico definisce. Al contempo abbiamo adattato la struttura tripartita anche ad altri utilizzi, più prosaici forse ma non meno importanti, quali ad esempio le specchiere per il trucco, in cui ancora una volta ci immergiamo per osservarci da ogni lato. Siamo così passati dallo spirituale all’estetico, ma in ogni caso indaghiamo, osservandole da più prospettive, le nostre anime e i nostri volti, in una sorta di approfondimento del sé che può essere interiore e esteriore.
Il trittico però può essere anche interpretato come una sequenza logica o temporale, non necessariamente sincrona, quindi indagine che non si svolge solo in estensione, ma anche in maniera verticale seguendo il filo del discorso o il succedersi cadenzato degli eventi.
Per questo ci sembra affascinante l’idea di chiedere ai nostri artisti di utilizzare questo formato: tre immagini che raccontino, in estensione o in profondità, sincronicamente o diacronicamente una storia, unite dal filo rosso del formato e dalla potenza del numero, che ha affascinato l’uomo sin dai tempi di Pitagora – che lo definiva il numero perfetto, sintesi di uno e due, chiusura della cosiddetta triade ermetica.