{"id":15126,"date":"2024-01-11T14:30:46","date_gmt":"2024-01-11T13:30:46","guid":{"rendered":"https:\/\/www.microbo.net\/?p=15126"},"modified":"2024-01-14T20:41:21","modified_gmt":"2024-01-14T19:41:21","slug":"silvia-majocchi-2","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.microbo.net\/2024\/01\/silvia-majocchi-2\/","title":{"rendered":"SAVE THE DATE! Silvia Majocchi | 14.01.2024"},"content":{"rendered":"\n

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La mostra che ospitiamo nelle nostre piccole bacheche, le “Wunderkammern Effimere”, accoglie le intriganti opere di Silvia Majocchi, mettendo in evidenza, in particolare, la sua serie scultorea “44 gatti”. Queste sculture, realizzate in cartapesta, nascono da un percorso artistico unico e diversificato. Silvia, attraverso le sue esperienze in contesti geografici vari, ha infatti sapientemente integrato influenze e limitazioni di ogni luogo in cui ha vissuto e operato, nel proprio processo creativo. Questa serie nasce sulla scorta di un\u2019esigenza, maturata nell\u2019artista di superare, tramite un processo di sublimazione, la perdita del proprio gatto, compagno di vita per 20 anni, e al contempo vengono concepite in risposta ad una situazione concreta. Le prime sculture delle serie vengono infatti realizzate a Mumbai, concepite in risposta alle difficolt\u00e0 logistiche incontrate dall’artista nella prosecuzione del proprio lavoro precedente con la ceramica, a causa della difficolt\u00e0 nel reperire strumenti e materiali adeguati nella metropoli indiana. Ma l\u2019artista non si ferma davanti a condizionamenti logistici, cos\u00ec in queste opere, Majocchi utilizza materiale riciclato e disponibile nel contesto in cui si trova, come le pagine del Mumbai Mirror, creando figure di gatti che combinano una struttura interna di carta e scotch con una finitura in cartapesta.<\/p>\n\n\n\n

Il realismo \u00e8 da sempre un aspetto distintivo delle sculture di Majocchi, che cerca di avvicinarsi il pi\u00f9 possibile al vero, di catturare non solo l’aspetto fisico dei gatti, ma anche le loro espressioni, gli atteggiamenti e le emozioni quotidiane. <\/p>\n\n\n\n

Inoltre, se da un lato \u00e8 naturale pensare alla dicotomia gatto-topo, non \u00e8 possibile ignorare il richiamo, nell\u2019utilizzo dei topi, all’uso simbolico di questi animali in opere come quelle di Banksy, dove il topo \u00e8 spesso rappresentato come una coscienza critica della societ\u00e0. Questo parallelismo rinforza ulteriormente le tematiche di Majocchi sulla connessione e la convivenza piuttosto che la dominanza nell’interazione tra umani e animali, aprendo interessanti riflessioni su questo rapporto, in particolare nel contesto della filosofia di Derrida sulla distinzione antropocentrica tra uomo e animale, analizzata nel testo L\u2019animale che dunque sono<\/em>. Majocchi, attraverso le sue opere, solleva domande provocatorie sulla presunta superiorit\u00e0 umana e sul modo in cui definiamo e utilizziamo gli animali nella nostra cultura. Noi, sostiene Derrida, abbiamo preteso di prendere le distanze, come umani, dal resto del regno animale, ci siamo arrogati il diritto di essere superiori. Nella cultura occidentale, infatti, abbiamo sin dagli albori definito gli animali come qualcosa di totalmente altro da noi, e inevitabilmente inferiore a noi e in un certo senso funzionale alla nostra esistenza (il gatto come cacciatore di topi, il cane come ausilio nella caccia, il bue come forza motrice dell\u2019aratro), dimenticandoci la nostra stessa natura. La domanda che ribalta la prospettiva \u00e8 quindi: \u201cnon si tratta solo di domandarsi se abbiamo il diritto di rifiutare questo o quel diritto all\u2019animale [\u2026], ma si tratta anche di domandarsi se ci\u00f2 che si chiama uomo ha il diritto di attribuire all\u2019uomo, quindi di attribuirsi, ci\u00f2 che egli rifiuta all\u2019animale, e se ne ha mai il concetto puro, rigoroso, indivisibile, in quanto tale\u201d. <\/p>\n\n\n\n

La mostra ci invita a un’osservazione libera da preconcetti, esortandoci a riconoscere la rappresentazione animale non come un “altro” da noi, ma piuttosto come un riflesso, un’interrogazione, e un accompagnamento al nostro essere nel mondo. Questo richiamo a una prospettiva pi\u00f9 olistica e inclusiva \u00e8 ci\u00f2 che rende queste opere non solo esteticamente affascinanti, ma anche profondamente significative.<\/p>\n\n\n\n

Aldo Torrebruno<\/p>\n\n\n\n

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